Volume XIII – XIII Concorso 1978. La pianificazione dei territori montani, a cura di Attilio Lapadula, A. Giuffré, Milano 1981.
Due terzi del territorio italiano sono di natura montana.
Si tratta di un dato inconfutabile che però, dalla nascita dell’urbanistica moderna, in Italia, forse per una certa sudditanza culturale subita nei riguardi delle altre nazioni europee, pianeggianti in massima parte, non era stato considerato, né tanto meno inquadrato nella sua giusta dimensione.
“Basti pensare, ad esempio, alla teoria della localizzazione che, nell’introdurre il concetto di spazio nell’economia, ha sempre ipotizzato, a partire da von Thunen, il territorio come una pianura uniforme, isomorfa e perfettamente percorribile in tutte le direzioni. La ricchezza si è, di fatto, concentrata fuori dai territori montani – il nostro stesso concetto di sviluppo è legato ad attività che si svolgono prevalentemente in pianura dove le comunicazioni sono facili, le città possono espandersi, le industrie localizzarsi. Infine anche i teorici e gli architetti che hanno dato origine all’urbanistica moderna, a partire da Owen e Garnier fino ad arrivare ai disurbanisti russi ed a Le Corbusier, hanno sempre immaginato i loro insediamenti sorgere su territori piani dove poter liberamente segnare i tracciati delle città e distribuire le funzioni. Laddove il territorio comincia a muoversi e a sconvolgersi, gli insediamenti dovevano restare quelli lasciati dal medioevo e la natura conservare quel fascino misterioso e terribile tanto caro ai romantici del secolo scorso.” (Tratto dalla presentazione al XIII volume della Collana “Studi Urbanistici” di Attilio Lapadula).