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Volume 20 XX Concorso 1992. La città come sistema complesso in crisi strutturale: strumenti e tecniche per il governo metropolitano, a cura di Cristoforo Sergio Bertuglia, Renato Fuccella e Gianluigi Sartorio, A. Giuffré, Milano 1995.

Volume XX – XX Concorso 1992. La città come sistema complesso in crisi strutturale: strumenti e tecniche per il governo metropolitano, a cura di Cristoforo Sergio Bertuglia, Renato Fuccella e Gianluigi Sartorio, A. Giuffré, Milano 1995.

Dopo aver affrontato, col Concorso del 1990, il tema della necessità di un’unificazione “linguistica” di portata, non soltanto nazionale, ma mondiale per la comprensione di quello che ormai era diventato il “problema dei problemi” dell’urbanistica di fine secolo, la gestione della complessità del fenomeno urbano anche in relazione al territorio, limitrofo o lontano che fosse, la Fondazione decise di proseguire il suo cammino culturale affrontando direttamente la questione.
La crisi propriamente strutturale del governo dell’urbanistica cittadina era ormai evidente. Le vecchie diatribe sulla diversa importanza – ed eventuale precedenza operativa – fra Piano regolatore generale e Piani di settore (ovvero se i Piani di settore dovessero essere una emanazione piramidale, dall’alto verso il basso, del Piano regolatore generale, oppure il Piano regolatore generale dovesse essere interpretato come una sommatoria delle indicazioni provenienti da quelli di settore) lasciavano ormai il tempo che trovavano, quasi annichilite dai due principali problemi peculiari delle città moderne: una crescita della popolazione a ritmi esponenziali e la velocità dei cambiamenti, di ogni tipo, per cui, mentre si discuteva di un qualsiasi problema o tema funzionale, si era già di fronte ad un ritardo incolmabile e dalle conseguenze imprevedibili.

La città, ed in particolare quella europea, per secoli era stata il risultato di un processo storico stratificato, lento e gestibile con ritmi amministrativi e progettuali refrattari ai cambiamenti veloci. Questa peculiarità, tutta europea ed italiana in particolar modo, però non fa più parte della città di oggi in cui, il processo di sviluppo, è stato accelerato dall’innovazione tecnologica degli ultimi cinquanta anni (innovazione non soltanto cibernetica ma anche nelle tecnologie costruttive, nell’introduzione di materiali edilizi sempre più sofisticati, ecc.). La partita, allargata all’area metropolitana, si gioca oramai sul terreno della funzionalità quale presupposto stesso alla sopravvivenza e dove qualsiasi ritardo nell’introduzione immediatamente operativa delle innovazioni tecnologiche (introduzione immediata difficilmente immaginabile in un mondo dove i ritmi amministrativi e politico-decisionali mantengono quasi sempre i ritmi del passato) può diventare gravissimo per l’organizzazione stessa di quel gigante dai piedi di argilla, fragile e dall’isteria facile che è la città.

La semplice interruzione della corrente elettrica, a New York, nel 1977 creò un panico dalle dimensioni bibliche, a cui la città ovviò, ma che non insegnò nulla ad altre grandi amministrazioni comunali, visto che il fenomeno si ripeté a Chicago nel 1990. Eppure eravamo in Nord America, nel motore dello sviluppo tecnologico mondiale, nel regno della velocità decisionale ed operativa.
In Italia, i semplici lavori pubblici di ammodernamento di stadi e di pochi impianti viari effettuati in occasione dei mondiali del 1990, gettarono nel caos tutte le città sedi di incontri sportivi; ancora oggi Roma, per l’urgente Make up dell’ultimo momento in corso di esecuzione per il Giubileo del 2000, si trova a fronteggiare condizioni di traffico che definire caotiche è un puro eufemismo quando, ogni settimana, la circolazione nei punti nevralgici della città viene stravolta senza alcun preavviso.

La città della precarietà e dell’incognita funzionale è quella con cui si devono confrontare, in un continuo stato di insicurezza e malessere, ogni giorno e da anni – con fastidi, ritardi ed incertezze – milioni di cittadini e tutti coloro che sono preposti in prima persona a gestirne l’amministrazione e le singole funzioni.
Era chiaro, quindi, che si doveva tentare di riconsiderare alcuni presupposti che stanno all’origine dell’agire urbanistico per gettare le premesse di un innovativo modello interpretativo ed operativo unitario ed organico del fenomeno urbano. Doveva essere superata la modalità dell’approccio per settori slegati al problema città, senza perdere la pluralità dei punti di vista e ricercare una visione unificante da cui partire per comprendere e gestire la complessità urbana e metropolitana.

Il tema proposto ai partecipanti al ventesimo Concorso Nazionale – “La città come sistema complesso in crisi strutturale” – evidenziava esplicitamente il disagio da tutti avvertito nel “vivere” urbano ed il decadimento costante della qualità della vita e delle caratteristiche ambientali della città, entrambi questi fattori che, un tempo, venivano considerati tra le sue principali attrattive.